John Sweeney (giornalista)

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Sweeney nel 2014

John Sweeney (1958 – vivente), giornalista e scrittore britannico.

The Life and Evil Times of Nicolae Ceausescu[modifica]

Incipit[modifica]

  • Questa è una storia d'orrore – una vera – di un mostro che divenne presidente di un paese.
This is a horror story – a true one – about a monster who came to be president of a country. (p. 1)

Citazioni[modifica]

  • [Sulla Securitate] Scrivere qualsiasi cosa su Ceaușescu senza parlare della sua polizia segreta è come dire Amleto senza il Principe, tutti gli altri e il teschio.
To write anything about Ceausescu without discussing his secret police is like Hamlet without the Prince, everybody else and the skull. (p. 13)
  • La sua lingua s'inceppava su frasi apparentemente semplici come tutulor, una formula di cortesia che significa "a tutti quanti". Quando lo pronunciava Ceaușescu, suonava come "a tutti i guanti". È difficile spiegare a chi non ha sentito il romeno, una lingua scherzosamente descritta da John Simpson della Bbc come un "misto di latino maccheronico ed esperanto", quanto Ceaușescu suonava grezzo. Per le orecchie americane, bisogna immaginare una cadenza strascicata del New Jersey; per le orecchie britanniche, bisognerebbe pensare a una lagna di Wolverhampton: provinciale, ma non abbastanza da suscitare interesse.
His tongue could not get round seemingly simple phrases like tutulor, a form of address meaning 'to everybody'. When Ceausescu said it, it sounded like 'everyboggy'. It is hard to put across to those who have not heard Romanian, a language waggishly described by the BBC's John Simpson as a 'mixture of dog Latin and Esperanto', just how uncouth Ceausescu sounded. To American ears, one must imagine a New Jersey drawl; to British ears, one should think of a Wolverhampton whine: provincial, but not interestingly so. (p. 14)
  • Per capire lo straordinario fatto del potere monolitico di Ceaușescu, e l'altrimenti incomprensibile mancanza di resistenza contro di esso, bisogna cercare di provare il puro e semplice peso morto che i romeni sopportarono giorno dopo giorno. Durante i ventiquattro anni del suo regno, i loro pensieri vennero smussati e ristretti da ciò che George Orwell magari avrebbe chiamato "omaggiolingua".
To understand the extraordinary fact of Ceausescu's monolithic power, and the otherwise incomprehensible lack of resistance to it, one must try to experience the sheer dead weight the Romanians bore day in, day out. During the twenty-four years of his reign, their thoughts were blunted and restricted by what George Orwell might have called 'Homagespeak'. (p. 18)
  • Per gran parte della sua storia, la Romania è stata divisa, infilzata e fatta allo spiedo da una successione di invasori e padroni stranieri, alcuni dei quali erano indicibilmente cattivi. Per crudele che fosse l'epoca di Ceaușescu, non era senza precedenti nella storia del paese.
For most of its history Romania has been divided, skewered and kebabed by a succession of foreign invaders and masters, some of whom were unspeakably nasty. Cruel as Ceausescu's time was, it was not without precedent in his country's history. (p. 21)
  • [Sulla Guardia di Ferro] Godeva del sostegno materiale e morale dei nazisti tedeschi e dei fascisti sotto Mussolini, e combinava antisemitismo con ortodossia apocalittica, appelli al nazionalismo romeno con un culto di samurai per la morte violenta e il suicidio.
It enjoyed the material and spiritual backing of the German Nazis and the Fascists under Mussolini, and combined Jew-baiting with apocalyptical orthodoxy, appeals to Romanian nationalism with a samurai's reverence for violent death and suicide. (p. 36)
  • Sembra che la paranoia sia la malattia professionale di qualsiasi regnante romeno, e Carlo II non faceva eccezione. Come Ceaușescu, demoliva gli edifici vicino a casa sua – il Palazzo Reale, in questo caso – per lasciare campo libero al fuoco delle mitragliatrici.
Paranoia appears to be the occupational disease of any Romanian ruler, and Carol II was no exception. Like Ceausescu, he knocked down buildings near his home – in this case, the Royal Palace – to make a clear field for machine-gun fire. (p. 37)
  • [Sul Regno di Romania] Praticamente qualsiasi descrizione della vita sotto la monarchia fa sussultare di rimpianto per i bei vecchi tempi chiunque conosce la Bucarest di Ceaușescu. L'architettura, la cucina, la cultura, la libertà della stampa, le condizioni nelle carceri, la libertà di viaggiare, di andare in chiesa: tutto sembra essere stato meglio prima dei comunisti. Solo la quantità di prostitute in Bucarest sembra rimasta costante.
Virtually any description of life under the monarchy makes anyone who knows Ceausescu's Bucharest wince with regret for the good old days. Architecture, cuisine, culture, press freedom, prison conditions, freedom to travel, to go to church: all seem to have been better before the communists. Only the quantity of whores in Bucharest appears to have remained constant. (p. 37)
  • [Su Ion Maurer] Poveretto: la storia non lo perdonerà mai per aver proposto Ceaușescu come nuovo segretario generale del partito dopo la morte di Gheorghiu-Dej nel 1965.
Poor man: history will never forgive him for proposing Ceausescu as the new general secretary of the party on the death, in 1965, of Gheorghiu-Dej. (p. 76)
  • Orizzonti rossi non è meglio del gossip di un poliziotto segreto di Bucarest: squallido, noiosamente pornografico, intrusivo, moralmente ripugnante, incoerente eppure infinitamente affascinante. Ceaușescu viene rappresentato come un paranoico portato ad abusare del proprio potere, profondamente disonesto che, inoltre, bara a scacchi. Elena ne esce fuori peggio, se possibile, come una cretina dissoluta e irascibile. [...] Magari Orizzonti rossi è un'opera copia-incolla di un ghostwriter anonimo, approvato dalla Cia. Il materiale grezzo si legge come le trascrizioni tradotte degli interrogatori di Pacepa in romeno da parte dei suoi ufficiali di riferimento della Cia immediatamente dopo la sua defezione. Pacepa spesso cita brani dei vecchi discorsi di Ceaușescu, liberamente disponibili nelle ambasciate romene e nelle biblioteche occidentali, come "conversazioni ricordate"; ogni tanto cita pure il testo di decreti romeni come sgorgati dalla bocca di Ceaușescu.
Red Horizons is no better than Bucharest secret policeman's gossip: sordid, dully pornographic, intrusive, morally repugnant, incoherent yet endlessly fascinating. Ceausescu is seen as a power-mad, deeply dishonest paranoiac, as well as someone who cheats at chess. Elena comes of worse, if that is possible, as a sluttish, bad-tempered moron. [...] Perhaps Red Horizons is a scissors-and-paste job by an unsung, CIA-approved ghostwriter. The raw material reads like translated transcripts of Pacepa's debriefing conversations held in Romanian with his CIA case officers immediately after he defected. Pacepa often quotes chunks of Ceausescu's old speeches, freely available from Romanian embassies and in Western libraries, as 'remembered convervations'; occasionally he even quotes the text of Romanian decrees as spouting out of Ceausescu's mouth. (pp. 84-85)
  • Ceaușescu sostituì l'azione costruttiva con la frenesia. Andava su e giù per il paese in un continuo vorticoso giro toccata e fuga. Una volta assorbito in questa girandola di visite, discorsi e congressi, non si fermava più. La girandola diventava sempre più veloce ed elaborata, con visite a paesi stranieri e un incessante rimescolamento di ministri e ministeri. Dà le vertigini a chiunque cerca di seguirla. Consumava sia il suo tempo che e quello degli altri; sprecò risorse e realizzò poco. Ma nella testa di Ceaușescu la frenesia equivaleva a progresso: era una confusione intellettuale a cui, col passare del tempo, il paese intero doveva soccombere.
Ceausescu substituted constructive action with frenzy. He went on a continuous rollercoaster, whistle-stop tour of the country. Once on this whirligig of official visits, speeches and congresses, he never got off it. The whirligig became faster and faster and more elaborate, with visits to foreign countries and a constant shuffling of ministers and ministries. It makes anyone who tries to follow it dizzy. It consumed his and everybody else's time; it wasted resources and achieved little. But inside Ceausescu's head frenzy equalled progress: it was an intellectual confusion to which, as time rolled on, the whole country was to succumb. (pp. 91-92)
  • Il "condizionamento" del terrore comunista degli ultimi anni quaranta e i primi anni cinquanta era così forte, così severo che bastava solo la carezza più leggera della Securitate perché il romeno medio giacesse prono in una posizione di abietta sottomissione. Qualsiasi sentimento liberale Ceaușescu esprimesse nei suoi discorsi, i poliziotti segreti erano sempre presenti, aspettando, ascoltando, facendo domande. A Ceaușescu non serviva schiacciare con mano pesante, minacciando le persone. Tutto era stato fatto con tanta efficacia una generazione prima e il popolo non aveva dimenticato. Il popolo abbaiava a comando perché sapeva cosa succedeva ai disubbidienti. Una volta che il cane è ammaestrato, c'è poco bisogno della frusta.
The 'conditioning' of the communist terror of the late Forties and early Fifties was so strong, so severe that it only required the lightest caress from the Securitate to have the average Romanian lying prone in a position of abject submission. Whatever liberal sentiments Ceausescu expressed in his speeches, the secret policemen were still present, waiting, listening, asking questions. There was no need for Ceausescu to clump heavy-handedly about, threatening people. It had all been done so effectively a generation before and people had not forgotten. The people barked to command, because they knew what happened to the disobedient. Once the dog is trained, there is little need for the whip. (p. 93)
  • Il culto di Ceaușescu fu incoraggiato da tanti occidentali entusiasti di fare affari con l'unico dirigente est-europeo che poteva, a quanto pareva, tener testa ai russi e sopravvivere. Prima ci fu un rivolo, poi un torrente di visitatori dell'Occidente che cantavano la melodia di Ceaușescu, nessuno di essi guardava troppo per il sottile sulla realtà dell'uomo che incontrarono – il mito era fin troppo di loro gusto.
The Ceausescu cult was fed by a job lot of Westerners keen to do business with the one Eastern European leader who could, it appeared, stand up to the Russians and survive. At first, there was a trickle, then a torrent of Western visitors all singing Ceausescu's tune, none of them too choosy about the reality of the man they met – the myth was too much to their liking. (p. 95)
  • Per comune consenso, Ceaușescu impazzì durante la visita sua e di Elena nella Cina e nella Corea del Nord nel 1971. Partì paranoico instabile, ritornò folle. Le persone a lui vicine discutono su quale delle due ebbe l'influenza più nefasta, la Cina o la Corea del Nord. Per quanto fosse terribile la Cina di Mao mentre emergeva dagli spasimi della Rivoluzione culturale, la Corea del Nord era allora ed è tuttora una società più totalitaria, e vanta il primato di essere la società più piramidale del mondo.
By common consent Ceausescu went mad during his and Elena's trip to China and North Korea in 1971. He went out an unstable paranoiac; he came back a madman. People close to him debate which had the more pernicious influence, China or North Korea. Terrible as Mao's China was as it emerged from the throes of the Cultural Revolution, North Korea was then and still is the more totalitarian society, and enjoys the distinction of being the most pyramidal society on earth. (p. 98)
  • La Corea del Nord è un abominio per l'uomo dal pensiero libero.
North Korea is an abomination to man as a freethinking individual. (p. 98)
  • Nella Romania di Ceaușescu, la pazzia era intronizzata, la lucidità una malattia.
In Ceausescu's Romania madness was enthroned, sanity a disease. (p. 105)
  • C'era tantissimo dissenso in Romania, ma era passivo, non attivo. C'erano molto meno operai e intellettuali che affrontarono la forza bruta in Romania che, per dire, in Cecoslovachia e Polonia. Questo può essere spiegato in parte dalla ferocia della Securitate in confronto, per esempio, alla polizia segreta ceca, l'StB, e in parte dalla mancanza romena di una transizione democratica e dalla storica cultura di sottomissione.
There was an enormous amount of dissent in Romania, but it was passive, not active. There were far fewer workers and intellectuals who confronted brute power head on in Romania than in, say, Czechoslovakia or Poland. That has partly to be explained by the savagery of the Securitate compared to, for example, the Czech secret police, the StB, and partly the Romanians' lack of a democratic transition and the historic culture of submission. (p. 108)
  • Che valore aveva per l'Occidente il dissenso di Ceaușescu dal diktat di Mosca? Era di valore inestimabile? O era, al contrario, una vittoria propagandistica marginale di poca vera sostanza? Ceaușescu era irritante per i russi, ma non si sono mai sentiti minacciati da lui. Misero in marcia le loro truppe su e giù presso la frontiera romena quando Ceaușescu visitò la Cina nel 1971; ma invasero la Cecoslovacchia quando la Primavera di Praga gli sfuggì di mano. La differenza è chiara. Dubček sfidò il sistema comunista. Ceaușescu non non lo fece mai. Non era, allora, un serio "nemico del mio nemico". L'Occidente aveva letto male le carte.
What was the value to the West of Ceausescu's dissent from Moscow's diktat? Was it of inestimable worth? Or was it, in fact, a marginal propaganda gain of little real substance? Ceausescu was an irritant to the Russians, but they never felt threatened by him. They did march their troops up and down near the Romanian border when Ceausescu was visiting China in 1971; but they invaded Czechoslovakia when the Prague spring got out of hand. The difference is clear. Dubček challenged the communist system. Ceausescu never did. He was not, then, a serious 'enemy of my enemy'. The West misread the cards. (p. 112)
  • L'effetto della defezione di Pacepa sullo stato mentale di Ceaușescu fu di destabilizzarlo ancora di più. Divenne un po' pazzo per qualche tempo e soffrì un ulteriore, permanente perdita di proporzione. Qualunque talento rimanesse nella sua cerchia fu rimosso nella caccia alle streghe che seguì alla defezione.
The effect of Pacepa's defection on Ceausescu's mental state was to destabilise him even more. He became quite crazy for a time and suffered a further, permanent loss of proportion. What talent there remained in his circle was removed in the witch-hunt that followed the defection. (p. 123)
  • I risultati dell'esercizio di Ceaușescu nell'ingegneria sociale si potevano vedere immediatamente dopo la rivoluzione in tutto il paese negli orfanotrofi e nei reparti ospedalieri dove stavano i bambini indesiderati. Gli indesiderati includevano i neonati che soffrivano d'Aids – sebbene il regime non avesse riconosciuto che c'era un problema d'Aids in Romania. Questa cecità ufficiale peggiorò il problema, disastrosamente. Una vecchia abitudine medica – abbandonata nell'Occidente molto prima della Seconda guerra mondiale – persisteva in Romania. Consisteva nell'iniettare ai neonati del sangue per dargli più forza. Una sacca di sangue contaminato con l'Aids, probabilmente da un raro pacchetto di aiuti dagli Stati uniti, fu la causa scatenante. La mancanza di siringhe nuove e pulite per le iniezioni portò, tramite l'infezione crociata, a un'epidemia di Aids tra i giovani. Ma dato che anche questo ufficialmente non era successo, non fu fatto niente.
The results of Ceausescu's exercise in social engineering could be seen immediately after the revolution throughout the country in orphanages and hospital wards where the unwanted babies lay. The unwanted included the babies suffering from AIDS – though the regime did not recognise that Romania had an AIDS problem. This official blindness made the problem worse, disastrously so. An old medical habit – abandoned in the West long before the Second World War – had lingered in Romania. It was to inject newborn babies with blood to give them greater strength. One batch of blood contaminated with AIDS, probably in a rare aid package from the United States, was the root cause. The lack of fresh, clean needles for the injections led, through cross-infection, to an AIDS epidemic among the young. But as this too officially did not happen, nothing was done about it. (p. 141)
  • Nessun marxista poteva prendere Ceaușescu sul serio dopo che fu visto girare in occasioni ufficiali portando lo scettro nel 1974, quello che divertì così tanto Salvador Dalí. Lo scettro era l'incarnazione fisica dell'allontanamento di Ceaușescu dal fondamento anti-statista, anti-personalità del pensiero e della pratica marxista. Naturalmente, questi principi erano stati più spesso infranti che osservati dai vari stati comunisti dalla rivoluzione d'ottobre in poi, ma interpretare il re così sfacciatamente fu considerato alquanto indecente perfino tra gli spudorati despoti dell'impero sovietico. La "Borbonificazione" della dinastia Ceaușescu si può far risalire ai primi anni settanta, ma negli ultimi anni ottanta divenne sempre più volgare.
No Marxist could take Ceausescu seriously after he was seen wandering around on state occasions carrying his sceptre in 1974, the one which so delighted Salvador Dali. The sceptre was the physical embodiment of Ceausescu's drift from the anti-statist, anti-personality bedrock of Marxist thought and practice. Of course, these principles had more often been breached than obeyed in the various communist states since the October revolution, but to play king so blatantly was thought somewhat indecent even among the unblushing despots of the Soviet empire. The 'Bourbonification' of the Ceausescu dynasty can be traced back to the early Seventies, but in the late Eighties it became more and more crass. (p. 155)
  • L'unica funzione della Casa del Popolo era [...] di rendere tangibile l'ineguaglianza sociale tra i miseri vassalli del dittatore e la pompa e potenza di Sua Maestà. L'architetta della Casa era stata scelta attraverso un concorso. C'erano tanti progetti interessanti e accattivanti, ma, per dirla piuttosto bruscamente, l'architetto che ideò il pastiche stalinista più banale soddisfaceva il gusto di Ceaușescu. Dopo la rivoluzione, la vincitrice è sparita dalla vista perché è stata fustigata da molte critiche ostili.
[...] the very function of the House of the People was [...] to make concrete the social inequality between the dictator's lowly vassals and the pomp and might of His Majesty. The architect of the House had been selected by a competition. There were a lot of interesting and arresting designs, but, to put it rather brusquely, the architect who came up with the most banal, Stalinist pastiche appealed successfully to the Ceausescu's taste. The prizewinner, after the revolution, has disappeared from view because she has been battered by much hostile criticism. (p. 168)

Il killer del Cremlino[modifica]

Incipit[modifica]

Un idiota sta spostando dei mobili pesanti nell'appartamento di sopra e mi sveglio di soprassalto. Sto per chiamare il Comune di Lambeth per chiedere di risolvere il problema, quando mi ricordo che sono a Kiev, che sono le 4 del mattino e che non sono tavoli e sedie a fare quel fracasso, ma l'artiglieria russa.
L'idiota in questione è Vladimir Putin e la sua guerra idiota ha due giorni di vita.

Citazioni[modifica]

  • Sono un reporter di guerra di sessantatré anni. Ho seguito guerre in Ruanda, in Burundi, nel Sudafrica dell'apartheid, nella rivoluzione rumena, nell'ex Jugoslavia, in Iraq, in Siria, in Albania, in Cecenia, in Afghanistan e in Zimbabwe. Ho visto neonati con arti mozzati e un anziano con gli occhi spappolati da un proiettile d'artiglieria, persone con i polmoni rivoltati all'esterno e un uomo con il cervello fatto a pezzi con un machete, e non c'è niente di peggio che guardare i bambini sorridere in guerra, osservare la nobiltà dell'animo umano. Mi fa piangere, e piango davvero. (p. 12)
  • Putin sostiene che il governo dell'Ucraina è neonazista. Il presidente è ebreo; i russi hanno attaccato Babij Jar. A scanso di equivoci, non sono gli ucraini a comportarsi come i nazisti in questa guerra. (pp. 13-14)
  • I soldati russi mangiano le razioni più nutrienti di qualsiasi altro esercito, purché si tratti di cibo per cani. (p. 14)
  • Gli ucraini hanno trovato veicoli dell'esercito russo abbandonati con razioni alimentari che riportavano date di scadenza di sette anni prima. Ciò che è così magnificamente divertente in questa truffa è che il responsabile è uno dei compari preferiti del Cremlino, Yevgeny Prigozhin, conosciuto come "lo chef di Putin". [...] Il suo impero ha assunto il novanta per cento del business della fornitura del cibo all'esercito russo. Gli ucraini hanno pubblicato diversi video di soldati russi affamati che cercano cibo. E questo è merito di Prigozhin e del suo capo. (pp. 14-15)
  • La paranoia sta distruggendo l'esercito russo dall'interno. Vladimir Putin è prigioniero nel suo castello, proprio come Stalin. Il terrore di rivelare le sue mosse troppo presto, e di farle trapelare agli americani, era così grande che ha tenuto nascosto all'esercito i suoi veri piani di invasione fino al giorno prima dell'invasione stessa. Così lo stato maggiore russo ha dovuto inventarsi la guerra a mano a mano che la faceva, e il risultato è stato disastroso. I generali sono stati nominati in base alla loro fedeltà al Cremlino, non al loro coraggio né alla loro competenza. (pp. 15-16)
  • [...] vivere in paranoia è ciò che fanno le ex spie del KGB, invece di giocare a golf. (p. 16)
  • [...] Putin è un attore razionale all'interno di un bunker, così in profondità, così privo di luce e di informazioni, che sta tirando le leve senza capire come il mondo moderno stia rispondendo, senza capire che almeno alcune delle sue leve non funzionano più, senza capire che invadere Paesi in pace è ciò che facevano i nazisti. (p. 24)
  • [Sul massacro di Buča] Quando il Cremlino ha deciso che era sciocco continuare a mandare altri ragazzi a morire qui, l'esercito russo ha ingranato la retromarcia. E mentre lo faceva, ha espresso il proprio sgomento per la miserabile prestazione contro i soldati veri e propri, massacrando centinaia di civili innocenti. Per inciso, le immagini satellitari scattate durante l'occupazione russa mostrano i cadaveri lungo le strade prima che gli ucraini riconquistassero Bucha. L'esercito russo ha compiuto queste uccisioni. Punto e basta. (p. 25)
  • [Sul massacro di Buča] Le prove a Norimberga Due dei crimini di guerra russi saranno schiaccianti. Immagini satellitari, video dai droni, testimonianze oculari, materiale open-source di Bellingcat. Un ciclista su una bicicletta verde a Bucha. La sua esecuzione all'inizio di marzo da parte di un carro armato dell'esercito russo mentre girava l'angolo, ripresa da un drone. Il suo corpo accanto alla bicicletta distrutta, filmato dai reporter quando l'esercito ucraino è tornato in città. Ancora una volta: la disumanità del Cremlino che si ripete. (p. 29)
  • Il gasdotto Nord Stream aggirava le precedenti rotte di approvvigionamento, che andavano a beneficio dei Paesi dell'Europa dell'Est in cui transitavano. Di conseguenza, se il Cremlino avesse voluto, avrebbe potuto tagliare il gas a questi Paesi fino a quando non avessero dimostrato fedeltà al presidente russo. Non c'è da stupirsi che Putin fosse soddisfatto della gestione di Warnig. Il tedesco ha smentito questo tipo di discorsi: «Non sono un portavoce del Cremlino. Non faccio rapporto al Cremlino né ho conversazioni riservate su ciò che accade lì». L'ex uomo della Stasi, naturalmente, nega qualsiasi illecito. (p. 41)
  • [Sull'invasione sovietica dell'Afghanistan] La guerra prosciugò l'Unione Sovietica di sangue, di tesori, di scopi morali, fino a renderla un cadavere sbiancato. (p. 41)
  • L'Unione Sovietica non poteva permettersi di sfamare, ospitare o prendersi cura del suo popolo, quindi iniziò a implodere. Putin, l'agente segreto di Dresda, non ha mai colto il potere di questi tre fallimenti [la guerra in Afghanistan, il disastro di Černobyl' e il collasso dell'economia pianificata]. La sua tragedia – la nostra tragedia – è stata che non ha avuto una conoscenza di prima mano delle tre catastrofi. Era troppo in alto nella catena alimentare della polizia segreta per essere inviato a Chernobyl; troppo pateticamente in basso per essere inviato alla fine della guerra fallimentare in Afghanistan; e men che meno in Occidente, dove avrebbe visto la prova evidente di come la gente comune nel New Jersey o a New Brighton nel Wirral viveva molto meglio che a Mosca, per non parlare di Omsk o Tomsk. Non ha mai visto con i suoi occhi le prove comparative del fallimento economico sovietico o, se lo ha fatto, ha subito un lavaggio del cervello tale da impedirgli di capire cosa stava guardando.
    Invece, dalle viscere di Stasiland, è arrivato a interiorizzare un'oscura assurdità, ossia che il crollo del suo Paese era dovuto all'inganno occidentale e al tradimento interno, piuttosto che al semplice fatto che l'Unione Sovietica aveva esaurito il denaro, la fiducia nei propri mezzi e lo scopo. Era uno Stato fallito, proprio come la Germania del Kaiser divenne uno Stato fallito dopo avere lanciato la sua stupida guerra nel 1914. Come Hitler nel 1923, Putin dal 1991 in poi ha respirato una finzione velenosa, secondo la quale il suo Paese aveva subito un torto, «era stato pugnalato alle spalle». In realtà, è crollato perché aveva sbagliato, si era autopugnalato alle spalle, tre volte. (pp. 42-43)
  • [...] la comprensione del mondo di Putin è paurosamente ristretta, ridotta a una cupa visione a tunnel, bloccata in una falsa narrativa di tradimento. Una volta ha dichiarato che la caduta dell'Unione Sovietica è stata «la più grande catastrofe geopolitica del XX secolo».
    Cosa?
    Peggiore della Prima e della seconda guerra mondiale? Peggiore dell'Olocausto? L'Unione Sovietica era, in realtà, un'oscura dittatura totalitaria sotto Stalin, che si è lentamente trasformata in una cupa senilità. (p. 43)
  • Prima che Putin detenesse un potere serio, si mostrava sottomesso, senza pretese, servile. Ha messo in atto questo trucco con almeno tre grandi uomini, il primo dei quali è stato Sobchack, il secondo l'oligarca Boris Berezovsky, il terzo Boris Eltsin. Hanno visto un servitore buono e fedele. Ognuno di loro, a turno, si è poi reso conto del proprio errore. (p. 44)
  • I dettagli sono densi, l'argomento è spinoso, ma in sostanza il vicesindaco Putin vendeva licenze, permessi, scartoffie, per consentire agli uomini d'affari, spesso o in realtà quasi sempre collegati alla mafiya, di aggirare le norme e i regolamenti draconiani di stile sovietico che vietavano o limitavano il libero commercio. Quindi, proprio nello stesso momento in cui Sobchak stava liberalizzando San Pietroburgo, il suo vice stava facendo arricchire la mafia, se stesso e Sobchak, minando lo Stato di diritto. (p. 45)
  • [...] il crudo coraggio di Eltsin durante il colpo di Stato del 1991 fu il suo momento migliore. Quello che seguì fu un lungo e patetico barcollamento alcolico verso la tomba. Il sogno di democrazia e di Stato di diritto della Nuova Russia lasciò il posto a un caotico pasticcio di vodka, a un'anarchia a singhiozzo in cui i ricchi gangster venivano uccisi da oligarchi più ricchi. (p. 47)
  • Telegenico, carismatico, aperto al mondo e onesto, Nemtsov fu, per un certo periodo, l'erede designato di Eltsin. Il fatto che questo non sia mai accaduto fa parte del tragico declino e della caduta della Russia. (p. 48)
  • Abramovich ha [...] ammesso in tribunale che, per ottenere il premio [di Sibneft], pagò miliardi di dollari corrompendo funzionari governativi e gangster. Questa è stata la più grande rapina del XX secolo. Ha reso imprese come la Grande Rapina al Treno in Gran Bretagna dell'agosto 1963 simile al furto di caramelle in un negozio di dolci. (p. 48)
  • A essere onesti, il bilancio di Eltsin non fu del tutto negativo. I paraocchi mentali del vecchio ordine furono strappati via e i cittadini russi comuni furono liberi di viaggiare e di vedere quanto fossero indietro rispetto all'Occidente. Il Parlamento, la Duma, funzionava, più o meno. Il giornalismo era molto attivo, sulla carta stampata e in modo più impressionante alla radio e in TV. Gli assassini e i corrotti erano chiamati a rendere conto sui giornali, se non nei tribunali. Ma nell'insieme fu più un fallimento che un successo. (p. 49)
  • [Sulle elezioni presidenziali in Russia del 1996] Nel 1996 i numeri di Eltsin nei sondaggi crollarono e gli oligarchi russi temevano che sarebbe stato scalzato dal Cremlino per mano dei comunisti. Così decisero di intervenire comprando le elezioni per lui. In cambio, Eltsin, la sua famiglia e i suoi consiglieri sarebbero stati in debito con gli oligarchi e il loro denaro sporco. (p. 49)
  • I ceceni avevano umiliato la potenza della Russia nella Prima Guerra Cecena (1994-96), iniziata da Eltsin in preda a un accesso di rabbia alcolica. L'esercito russo aveva combattuto con grande brutalità e ancora più grande incompetenza. I ceceni lo avevano fronteggiato fino a una sorta di stallo, raggiunto in parte perché Eltsin, una volta smaltita la sbornia, si era reso conto di essere stato stupido e crudele. (p. 58)
  • [Sulle bombe nei palazzi in Russia] Una delle posizioni cecene era: «Se avessimo voluto bombardare Mosca, avremmo fatto saltare in aria il Cremlino o una centrale nucleare. Perché far esplodere un paio di palazzi?». (p. 58)
  • [Sulle bombe nei palazzi in Russia] Il buonsenso dice che sarebbe stata una follia per un gruppo di ceceni contrabbandare esplosivi da Urus-Martan a Mosca. Dalla precedente guerra, i ceceni erano regolarmente presi di mira dalla polizia russa, i veicoli venivano fermati e perquisiti, i documenti d'identità richiesti. Inoltre, a Mosca esisteva da tempo una forte mafia cecena, assolutamente in grado di mettere le mani su armi o esplosivi in città. In Russia, negli anni Novanta, si poteva entrare in un silo di missili nucleari con la corruzione. Per quale motivo i "terroristi ceceni" avrebbero dovuto rischiare così tanto trasportando i loro esplosivi per circa milleseicento chilometri fino a Mosca, quando avrebbero potuto acquistarli nel retro di un mercatino delle pulci locale? (p. 59)
  • [Sulle bombe nei palazzi in Russia] Le prove sono convincenti nell'affermare che ciò che ha galvanizzato la carriera di Vladimir Putin nella politica russa, ossia la sua lotta contro gli attentati dinamitardi ceceni, è stata, in realtà, un'operazione nera della polizia segreta.
    Vladimir Putin ha fatto esplodere la Russia. (p. 64)
  • [Sulle bombe nei palazzi in Russia] Il settembre del 1999 è il momento, per come la vedo io, in cui la Russia cessa di essere una democrazia. Gli attentati negli appartamenti di Mosca sono stati il peccato originale di Vladimir Putin, e qualsiasi russo che abbia osato indagare su di essi ha vissuto un pericolo mortale. (p. 64)
  • È difficile, praticamente impossibile, descrivere la crudeltà della Seconda Guerra Cecena, quanto fosse spietata la macchina della morte del Cremlino. La cosa più difficile per me, come giornalista e come essere umano, è stato assistere all'errore colossale commesso dai leader occidentali che rimasero vicini a Vladimir Putin, quando c'erano prove schiaccianti dei suoi crimini di guerra in Cecenia e dei crimini contro l'umanità commessi quando l'FSB aveva fatto esplodere i condomini a Mosca. (p. 65)
  • Alla fine degli anni Novanta, Putin descrisse il comunismo come «un vicolo cieco, quanto di più remoto dall'avanzamento della civiltà». Il suo disprezzo per il comunismo era reale. Ma questo, ovviamente, non significava che Putin avesse abbracciato la democrazia o le caratteristiche essenziali che la definiscono: il vaglio da parte di una stampa libera, la libertà di parola, la tolleranza verso la satira e l'umorismo. Al contrario, Putin selezionò una serie di idee che si fusero insieme e divennero la sua stella polare: ultranazionalismo, odio verso il prossimo, disprezzo per la libertà di stampa e di parola, intolleranza verso la satira e l'umorismo, valori sociali profondamente conservatori, un mercato non libero legato al potere politico, un rispetto per "gli organi", vale a dire il KGB e i suoi predecessori alfabetici (Cheka, GPU, OGPU, NKGB, NKVD, MGB) e le sue ramificazioni (SVR, FSB). Senza dirlo apertamente, senza alcun annuncio, Putin era un fascista russo. (pp. 67-68)
  • Bombardare un convoglio con bandiere bianche è un crimine di guerra. Lo è anche usare bombe a vuoto contro i civili. Lo è anche la tortura su scala industriale. Ho visto prove schiaccianti di tutti e tre questi crimini contro l'umanità nella guerra di Putin in Cecenia e sono tornato cercando disperatamente di capire come l'Occidente potesse permettere che i crimini dei russi rimanessero impuniti. Nel 2000, c'erano prove evidenti che Vladimir Putin fosse un criminale di guerra. L'unica cosa che posso dire è: ve lo avevo detto, maledizione. (p. 76)
  • Tutto ciò che riguarda la perdita del Kursk nel 2000 prefigura l'invasione dell'Ucraina del 2022: la mancanza di interesse del Cremlino per il proprio popolo, l'equipaggiamento scadente e obsoleto, il disprezzo per un attento scrutinio, il silenziamento delle opinioni oneste. La lezione che Putin imparò dal naufragio del Kursk è interamente di stampo fascista. Aveva ricevuto numerose critiche dai media russi liberi e indipendenti per la sua risposta lenta e spietata. La soluzione fu silenziarli. (p. 82)
  • L'accordo tra lo Stato russo e gli oligarchi era piuttosto chiaro: non ficcate il naso in politica e nel potere, e godetevi i vostri soldi; ma se fate domande sbagliate, le cose non andranno bene per voi. Era la ricetta per la zombificazione della Russia. (p. 83)
  • Ancora una volta, l'unica spiegazione credibile per l'assedio di Beslan è che lo Stato segreto russo abbia orchestrato un attacco terroristico e poi abbia usato la massima forza per distruggere le prove della propria complicità. Quindi non una sola operazione segreta da parte della macchina della paura, ma tre: gli attentati agli appartamenti di Mosca del 1999, l'assedio del teatro di Mosca del 2002, il massacro di Beslan del 2004. L'obiettivo era creare uno stato di terrore. Le vittime erano centinaia di persone comuni in tutta la Russia. L'unico vero beneficiario era il signore del Cremlino. (p. 93)
  • [Su Anna Stepanovna Politkovskaja] [...] Putin ha detto che Anna era una donna la cui influenza era «decisamente irrilevante». La verità è che era decisamente rilevante, molto pericolosa per il mantenimento del suo potere. Nessun altro faceva le domande che faceva lei.
    E poi la sua voce è stata messa a tacere. (p. 95)
  • In Russia, ai nemici di Putin non è permesso avere una vita privata. Sappiamo tutto ciò che fanno in camera da letto. Ma nessuno conosce i fatti più semplici su Vladimir Putin. Quanti figli ha? Con chi? E sono per caso straordinariamente ricchi? (p. 118)
  • Putin plasma la propria immagine pubblica in tutto e per tutto. Il sole finto che splende dietro al despota grassoccio della Corea del Nord, Kim Jong-un, o le star di Hollywood che adorano il leader di Scientology sono niente in confronto al culto della personalità di Vladimir Putin, che è il più ricco e il più finanziato del mondo intero. [...] A me sembrano le foto di un uomo che ha avuto un'infanzia estremamente infelice e priva di affetto, che teme la satira e la derisione, che vuole mostrare al mondo di essere il signore assoluto di tutto ciò che è sotto il suo controllo, ma che dà solo l'impressione di essere un ragazzino in cerca di rivalsa. Io, però, non rientro nel suo pubblico di riferimento. (pp. 119-120)
  • Voleva l'Ucraina così come voleva tutte le altre cose che non gli appartenevano e pensava che nessuno lo avrebbe fermato. Più di una volta aveva sondato il terreno dell'Occidente senza incontrare resistenza. Ma questa volta l'Ucraina, il suo presidente, il suo popolo e il suo esercito avevano altre idee. Questa volta il signor Pleonexia ha trovato persone che hanno detto: «No, non è roba tua. È nostra. Rendicela». Non c'è da meravigliarsi che sia rimasto sorpreso quando l'Ucraina ha deciso di giocare duro. Non era previsto. (p. 135)
  • Dopo oltre due decenni passati da Putin al potere è evidente la sua tolleranza di un sistema mostruosamente corrotto. Il compromesso con gli oligarchi era che potevano tenersi gran parte delle loro ricchezze purché porgessero i loro omaggi e pagassero i loro tributi al signore del Cremlino. E dovevano starsene alla larga dalla politica. O guai a loro. Ma questa descrizione serve solo a mascherare ciò che accade realmente. Putin sta personalmente depredando la Russia della sua ricchezza, totalmente, ma non può farsi vedere mentre lo fa, perché dal punto di vista psicologico detesta l'idea di venire scoperto, perciò usa dei prestanome che compiano il furto al suo posto. È vero, gli oligarchi sono il prodotto della catastrofica implosione dell'Unione Sovietica e dell'incompetenza alcolica di Boris Eltsin. Ma con Eltsin fuori dai giochi, un nuovo presidente aveva l'opportunità di spogliare gli oligarchi delle loro ricchezze illecite e fare tabula rasa. Invece, Putin ha consolidato il sistema oligarchico, perché si confaceva perfettamente al suo desiderio segreto di appropriarsi di ciò che appartiene legittimamente ad altri. (p. 136)
  • [Su Geert Wilders] Gli ho chiesto qual era stato, secondo lui, il più grande attacco terroristico contro il suo Paese e lui ha risposto che fortunatamente non ce n'era mai stato uno. Poi ho menzionato MH17, dove sono morti centonovantatré cittadini olandesi. Non sono stati gli estremisti islamici a uccidere quelle persone. La cosa non gli è piaciuta, ma d'altro canto, come gli ho detto in faccia, lui è un po' fascista. (p. 143)
  • Visto dal vivo, Vladimir Putin è vestito con eleganza, molto basso e somiglia come una goccia d'acqua a un Auton, gli inquietanti manichini di Doctor Who che si trasformano in bidoni di spazzatura, ti ingurgitano e poi ti risputano fuori fatto di plastica. Gli interventi estetici a cui si è sottoposto non fanno una buona pubblicità al Botox, ma quando diventi il padrone del Cremlino nessuno ti dirà che il tuo chirurgo plastico ha fatto un lavoro da schifo. (p. 150)
  • Non conosciamo la vera storia e probabilmente non la conosceremo mai. Ma sappiamo che Vladimir Putin mostra molteplici tratti di uno psicopatico: bugiardo senza remore e senza tic; nessuna paura; attribuzione esterna delle colpe; prima infanzia avvolta nel mistero. (p. 155)
  • Nemtsov era un uomo straordinario, il più amabile, divertente e umano che abbia mai incontrato in Russia. Il suo brutale assassinio mi fece cadere in una profonda depressione. (p. 160)
  • [Su Boris Nemcov] Gli hanno sparato ripetutamente alla schiena a circa un centinaio di metri dai muri del Cremlino, una delle zone più sorvegliate al mondo. Secondo la versione ufficiale, un camion della spazzatura ha oscurato le telecamere di sorveglianza del Cremlino, impedendo che il sicario o i sicari venissero ripresi. I lettori attenti lo avranno già capito, ma a scanso di equivoci: la versione ufficiale è solo un mucchio di sciocchezze. In quarant'anni e passa di esperienza come giornalista, in nessun altro posto sono stato fermato dagli ufficiali della polizia così di frequente come fuori dal Cremlino. Non puoi spostarsi di quattro metri senza che un poliziotto ti chieda di mostrargli il passaporto. La storia secondo cui Nemtsov è stato assassinato senza che le telecamere del Cremlino riprendessero prove fondamentali è assurda. (p. 161)
  • Ripeto queste parole in continuazione ai miei amici ucraini: c'è davvero un'altra Russia. Il problema è che le alternative a Vladimir Putin sono tutte morte o non troppo vive. (p. 162)
  • Quello che colpisce di più nell'avvelenamento di Salisbury è la sua stupidità. Com'è possibile? Il Novičok, come il polonio-210, è un veleno costosissimo. I due assassini erano stati inviati a Salisbury con il loro flacone di veleno, ma senza alcun pensiero per i semplici fatti della vita britannica moderna. Il Paese è disseminato di sei milioni di telecamere di sicurezza, più unità per persona rispetto a ogni altro Paese, a eccezione della Cina.
    Chiunque abbia inviato gli ufficiali del GRU è un idiota. Riflettere su questo crimine anomalo, in cui un agente nervino prodotto in segreto per milioni di dollari viene somministrato davanti agli occhi delle telecamere, mi fa trarre una conclusione brutale e forse nuova a proposito dei servizi segreti russi del XXI secolo. [...] Il fascino e il potere ideologico che il comunismo esercitava [...] è da tempo morto e sepolto, così è per Hitler, il suo più grande nemico, e così anche per lo stato che ha creato il KGB. Al suo posto c'è ora la Federazione Russa, una cleptocrazia di stampo etno-nazionalista comandata da un uomo assetato di potere seduto a un tavolo troppo lungo. L'Occidente non dovrebbe sorprendersi se le abilità dei servizi segreti russi del XXI secolo sono, a dirla tutta, di pessimo livello. (p. 186)
  • È lecito affermare che il servizio segreto russo è riuscito ad avvicinarsi in modo preoccupante a importanti leader politici negli Stati Uniti, nel Regno Unito, in Germania, in Francia e in Italia. Più volte il Cremlino ha trasformato la democrazia occidentale in un gioco di matrioske. Se sollevate la bambola di Donald Trump, di Nigel Farage, di Jeremy Corbyn, di Matteo Salvini o di Marine Le Pen, vi ritroverete faccia a faccia con il volto ghignante di Vladimir Putin. (p. 214)
  • Quando l'America e il Regno Unito hanno iniziato a comprendere chi è [Putin] veramente, Corbyn ha deciso di fare eco, anche se in modo fiacco e insicuro, ad alcuni dei messaggi del Cremlino. Questo perché si è orientato soltanto in relazione all'opposizione contro gli Stati Uniti. In questo modo si è trasformato in un altro idiota utile al Cremlino. George Osborne e Peter Mandelson si sono ingraziati i delegati del Cremlino per interesse personale, Corbyn ha perso il senso dell'orientamento perché la sua ideologia era così forte che ha piegato la realtà. (p. 222)
  • Quasi tutti i miei amici ucraini, che adoro, credono che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato nell'anima della Russia, che Putin sia soltanto uno tra i tanti mostri nella palude dell'Est. Lo dico con amore e rispetto: non sono d'accordo. Questa è la guerra di Vladimir Putin, così come le guerre in Cecenia, Georgia e Siria. Così come la guerra contro l'Occidente, anche se non usa carri armati e bombe, e come i suoi avvelenamenti. Dipende solo da lui. (p. 240)
  • Quando lo avevo sfidato nel 2014 era un uomo diverso: sottile, duttile, disposto a relazionarsi con un difficile reporter della BBC, anche se solo allo scopo di mentire con disinvoltura. Nel 2022 Putin era troppo aggressivo. Ma la ragione del mio timore è un'altra. Nel 2014 Putin assomigliava a un furetto o a un rettile, magro e dal volto affilato. Nel 2022 Putin assomigliava a un criceto con le guance gonfie e dall'aspetto malato. Sembrava un uomo pieno di steroidi e questo mi riempiva di paura. (p. 242)
  • [Su Vladimir Solov'ëv] [...] ricorda Spiffero de La fattoria degli animali, ma molto meno affascinante. (p. 249)
  • [Sull'assedio di Mariupol] Solo Dio sa quanti civili sono stati massacrati dall'esercito russo nella città portuale vicino al Mar Nero. Si racconta di furgoncini crematori mobili che trasformavano corpi in cenere, ci sono foto satellitari di innumerevoli fosse comuni. Le probabilità che gli ucraini accettino un accordo di pace in cui alcune aree del Paese rimarranno sotto il controllo dei russi è pari a zero, o talmente vicine allo zero da essere trascurabili. Zelensky non ci proverà nemmeno. La guerra non sta andando per il verso giusto per la Russia, perché il morale dell'esercito è basso, la logistica è totalmente marcia, e i leader sono cattivi in ogni senso della parola: malvagi e incompetenti. (p. 253)
  • La Russia non ha molta tolleranza per il fallimento. A mio parere, Putin non manovra più in modo adeguato il meccanismo del Cremlino come faceva agli inizi del 2022, e le macchine del Cremlino non obbediscono più al padrone come un tempo. Sta iniziando ad assomigliare al mago di Oz: stiamo tutti aspettando che il cagnolino apra il sipario e che venga rivelato l'ometto imbroglione che urla nel microfono. (p. 256)
  • Che Putin si sia avvelenato da solo è un finale degno di un'opera di Shakespeare.
    Fortuna, gira la tua ruota. (p. 257)

Explicit[modifica]

[...] la guerra non è finita. La macchina di morte di Putin danneggerà migliaia di vite innocenti prima che il lavoro sia finito. Ma un giorno, presto, Putin dovrà uscire dal Cremlino.
In una bara.

Bibliografia[modifica]

  • J. Sweeney, The Life and Evil Times of Nicolae Ceausescu, Hutchinson, 1991, ISBN 0-09-174672-8
  • J. Sweeney, Il killer del Cremlino. Il regno del terrore di Vladimir Putin, traduzione di Elena Lombardi e Demetra Amadasi, Newton Compton Editori, 2024, ISBN 978-88-227-8738-5

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